domenica, settembre 20, 2009

Vorrei Parlare Anche Del Sedici.

La mattina passa nella classica apatia quasi serena del trovarsi catapultati in quello che non si osava neanche immaginare, quello che da venerdì scorso in biblioteca davanti al foglio pieno di formule per fare inferenza statistica mi è piombato addosso, ovvero che io non so scendere a compromessi ma l'ho sempre fatto perchè mi ci ha spinto la convenzione di dover essere in un modo, fare la scelta giusta per un futuro giusto, per avere i soldi giusti. E' una cavolo di idea che mi ronza silenziosa nella testa da quando ho provato la terza volta matematica e studiavo e mi chiedevo perdio ma è questo che sono qui a fare, è questo quello che voglio fare della mia vita, sbattermi nove mesi per dodici crediti di matematica che non finiranno qui, oh no, perchè poi ci sarà la finanza la statistica l'analisi di mercato la revisione contabile no, non è questo, io sono uno spirito libero ed i numeri li scrivo pure in parola perchè rigetto la vista di un diavolo di numero, e devo accettare questo, che non è solo un'idea mia, anche la reverenda Marchianò in quel di piazza Scaravilli mi ha chiesto ma te che ci fai qui?, e io avrei voluto risponderle quello che ci fa lei, ci siamo adeguati a quello che ritenevamo giusto ma almeno lei ha studiato quello che pareva essere la sua vocazione ed è quello che voglio fare io, lo voglio fare tutto d'un fiato senza neanche un punto, una frase lunga quattro pagine come quelle di Giuseppe Berto (se avessi il suo talento!), beh è così, e alla fine delle quattro pagine immaginarie leggo la prima riga e mi accorgo che stavo raccontando un'altra storia, punto
Insomma, nel primo pomeriggio sono salita sempre apaticamente ma con un sottile strato di euforia che mi ricopriva come una pellicola sull'autobus con mia sorella e mi sono seduta in un posto vicino al finestrino, per avere sotto controllo il mondo di fuori che non mi aveva sotto controllo, molto bello da immaginare ma un altro utopico momento di quelli propriamente miei, si può immaginare, e così quel viaggio eterno in autobus mi portava a pensare questo, che non so esattamente cosa sono stata fino ad adesso ma so cosa sarò, e lo sarò sempre e me lo ricorderò sempre pensavo, perchè me lo sto andando ad imprimere sulla pelle, e lo faccio per sapere, e per ricordare, e per riuscire sempre ad essere così, a correggermi quando mi accorgo di fare la scelta sbagliata, a riuscirci ed essere accettata ancora, anzi forse ancora più apprezzata come mi ha detto Ale, e, insomma, erano questi i miei pensieri anche mentre scendevo dall'autobus e mi infilavo in quella via un po' sinistra, dimmi che è la cosa giusta quella che sto facendo, anche se non lo è dimmelo lo stesso dicevo alla vecchia me stessa, e sapevo che lei mi avrebbe risposto che era giusto non pensandolo, ma io glielo chiedevo lo stesso mentre aspettavo di imprimere il cambiamento, anche sapendo la risposta ed è con questa consapevolezza che sono entrata nella stanza dell'impresso, dove chissà chi era andato in chissà quale momento col dolore o la felicità nel cuore a farsi imprimere qualcosa come me, io ho la leggerezza nel cuore mi sono detta, la voglia di cominciare subito questo nuovo pezzo di vita e di farlo al meglio senza curarmi di niente, solo di Ale che non so come diavolo riesce sempre a starmi vicino e a supportarmi quasi come se fosse lui quella pellicola che mi avvolge perennemente, ed infatti lui è qui seduto di fianco a me mentre comincio a sentire questo ronzio mi sono detta, è qui che assiste al mio cambiamento accettandomi e volendomi, e mentre il dolore piano piano si fa strada lui è lì, e supervisiona con cura (troppa?) tutto ciò che mi sta accadendo, e viene con me a comprare la crema e riflette con me su quei dieci minuti che mi hanno definitivamente cambiata non senza disappunto, ed è così insomma che è iniziata la nuova me stessa in un pomeriggio di pioggia che quella quando ci si mette è tremenda eh, sembrava voler cancellare quell'opera appena fatta per me importante ed ormai indelebile, come ho voluto io d'altra parte, punto
Penso non ci sia altro da dire, punto

mercoledì, settembre 16, 2009

Cosa Ho Fatto Il Giorno Del Mio Compleanno

Ho pianto.
Ho riso.
Ho perso mezz'ora alla segreteria studenti di giurisprudenza.
Ho ascoltato Needle in the Hay di Elliot Smith. Solo quella.
Ho lavorato.
Ho guardato per l'ultima sera la pelle bianca del braccio. Domani sarà riempita di quel qualcosa.
Ho quasi vomitato (mangiando troppo gelato al marron glacé).
Ho guardato la pioggia, o lei ha guardato me.
Ho realizzato che non voglio crescere.
Ho assimilato il fatto che non sono più una studentessa di economia.
Ho passato la giornata col mio amante, migliore amico, fidanzato, e tutto quello che si può aggiungere.