giovedì, dicembre 21, 2006

L'albero a fibre ottiche

E' stato con grande sconcerto che ho appreso dell'alberello della nonna. La nonna del Trentino. Ebbene, anche lei, che ha a disposizione tutti i pini della sua valle, ha capitolato. Ha abbandonato la tradizione che dava al Natale quel non so che di un po' rustico e più familiare. Ha abbandonato l'albero naturale, quello che odora di resina e che di resina ti copre le mani ed i vestiti. Per cosa? Per il nipote a fibre ottiche. Ok, anche io a malincuore ho dovuto imparare a convivere con l'idea di averne uno in casa. Ma io sono nel bel mezzo di una città calata nell'atmosfera del cemento. La nonna, invece, vive nella realtà racchiusa tra le montagne con la punta sempre innevata e le casette di legno. Se guarda dalla finestra, le sorridono le Dolomiti che col tramonto si tingono di rosa. Nel suo orto crescono insalata, pomodori, melanzane, zucca. Nei suoi campi crescono mele e pere. Il riscaldamento, in casa sua, funziona accendendo il fuoco nelle varie stufe. E la mattina ti svegli con l'odore piacevolissimo della legna che brucia e del caffè, con lo scoppiettio allegro del fuoco che ti fa iniziare bene la giornata. Ma veniamo al dunque. Riavvolgiamo il nastro fino alla sera prima di quando ci siamo svegliati con i piacevoli odori tipici della montagna, torniamo a quando eravamo rimasti alle Dolomiti che si tingevano di rosa. Il sole cala, e porta via la luce. Si accendono nelle case le lucine dei presepi, fievoli e delicate. E poi, c'è lui. C'è la sua sfacciata intrusione che turba la quiete visiva. L'albero a fibre ottiche. In un momento, la magia sparisce. Vieni catapultato in una modernità stile centro commerciale in piena corsa natalizia. E la differenza tra le due realtà è così simile ad un abisso che non puoi non crollarci dentro.
E' come se Babbo Natale, nell'immaginario collettivo, venisse nella notte tra il 24 ed il 25 dicembre a casa tua non con il tradizionale completo rosso, ma con dei Sundek multicolorati e dei rayban che non lasciano intravedere il suo sguardo da fico di città.
E' come se venisse raccontato in giro che Gesù Bambino non è nato in una mangiatoia, ma nel bagno di un pub del centro. O nel reparto verdura della Coop mentre Maria faceva la spesa. Ecco, è la stessa cosa. E io ne soffro.
Perchè tra poco è Natale, e io non sono ancora riuscita a salvarlo.

lunedì, novembre 27, 2006

La barzelletta

Oggi, mia sorella, che ha 9 anni, mi ha raccontato una barzelletta. La barzelletta di Spingi Spingi.
Dovete sapere che Spingi Spingi era un bambino normalissimo che, un giorno, suo padre aveva mandato a comprare le salsicce con 5€. Mentre andava in macelleria, però, successe che Spingi Spingi venne fermato da una prostituta, che gli promise di fargli toccare un seno se lui gli avesse dato i 5€. Ovviamente, lui, che era bambino sì, ma non cretino, preferì spendere in quel modo i soldi del padre. Tornò così a casa a mani vuote sostenendo che per comprare le salsicce non bastavano i 5€: il padre gli diede allora 10€. Spingi Spingi fece così per tornare alla macelleria ma, come poco prima, si imbatté nella prostituta. Se gli avesse dato i 10€, questa volta, avrebbe potuto toccare tutti e due i seni. E così anche questi soldi sparirono molto prima di poter arrivare in macelleria. Il bambino tornò di nuovo a casa, usò la scusa già usata poco prima per avere degli altri soldi, ed il padre gli diede 20€. Ovviamente incontrò di nuovo la prostituta (mica era stupida anche lei, poverina) che per 20€ gli promise di togliersi la maglia. E come immaginare risposta più ovvia dell'istantaneo consenso del bambino? In seguito tornò a casa, sostenne ancora che i soldi non bastavano, e tutto andò avanti così fino a che il padre non gli diede 100€ per quelle cazzo di salsicce. Per quella somma, la prostituta gli offrì di avere un rapporto sessuale. Contento come una pasqua, e nel mezzo dell'atto, il bambino si sentì chiamare dal padre che, intanto, si era preoccupato ed era sceso in strada (meglio tardi che mai?). Iniziò così a chiamare il figlio ad alta voce. -Spingi Spingiiii! Spingi Spingiiii!-. E volete sapere come rispose il bambino? -Sì papà, sto spingendo come un matto!-
Ok. Riprendetevi. Per farlo, fatevi tirare uno schiaffo o dell' acqua fredda in faccia, aprite la finestra e prendete una boccata d'aria, provocatevi del dolore. Quando vi sarete ripresi, e solo allora, potrete seguirmi nell'analisi di questa barzelletta.
Innanzitutto, partiamo dal presupposto che, in generale, "La barzelletta è un breve racconto umoristico, trasmesso prevalentemente in forma orale, che mira a scatenare una reazione di ilarità nell'ascoltatore".
Dov'è precisamente, in questa barzelletta, il punto che dovrebbe scatenare una reazione di questo tipo? Probabilmente nel fatto che qualcuno ha deciso di chiamare suo figlio Spingi Spingi. Qualche disturbato mentale sicuramente anche depravato.
Poi. Dov'è il filo logico? Un padre manda un bambino a comprare le salsicce: volendo può passare, magari abitano in un paesino dove tutti si conoscono, non si può sbagliare strada, e ci si può fidare di un bambino. Ciò a cui non possiamo dare una spiegazione logica sta nel fatto che il bambino continua non solo a vedere esaudite le sue richieste di avere più soldi, ma anche a riceverli ogni volta raddoppiati. Un chiaro invito del padre di andare a puttane, insomma! Avendo capito il meccanismo, anche se non avesse trovato la prostituta dopo un po' sarebbe andato a cercarne una sicuramente.
Ma andiamo direttamente al nocciolo della questione, al personaggio più irrazionale di tutta la barzelletta. Il padre. Perchè ogni volta raddoppia i soldi al figlio senza fare domande? Perchè è disposto a pagare così tanto per delle stupide salsicce? E perchè alla fine, dal nulla, inizia a preoccuparsi e va a cercare il figlio? Come mai il suo istinto paterno si risveglia solo quando è troppo tardi? Cosa farà dopo aver ricevuto quella risposta così chiarificatrice dell'intera situazione dal figlio?
E: la prostituta sarà arrestata per pedofilia? Il bambino è davvero un bambino? Se lo è, quanti anni ha? Perchè è così malizioso nonostante la sua fanciullezza? Educazione sbagliata e scarsa attenzione da parte dei genitori? La madre dov'è? Non poteva andare lei a comprare le salsicce?
Mi viene in mente una terribile ipotesi. Che la prostituta non sia la madre del bambino? Definito il mestiere della madre, allora sarebbe in parte spiegato il nome del figlio. Così però si infrange un inquietante tabù e la barzelletta diventa grottesca.
Ok. Vorrei continuare ma penso che nessuno sia arrivato fino a qua, quindi, tengo per me il gran numero di ipotesi che continuano ad affiorare nella mia mente e che discuterò solo con chi me lo chiederà.
La domanda a cui però vorrei assolutamente trovare una risposta soddisfacente è: alle elementari ci si diverte con queste barzellette? La cosa più sporca che divertiva me ed i miei amichetti quando avevamo 9 anni era al massimo quando qualcuno pestava una merda.
Povero Spingi Spingi. Di tutta questa storia, l'unica cosa certa è che lui è la vittima.
Mia sorella, pensa che la vittima sia il padre.

venerdì, novembre 24, 2006

La professoressa Cesari

Oggi, non sapendo cosa fare, mentre guardavo fuori dalla finestra mi sono interrogata sui misteri della vita.
La prima cosa che mi è venuta in mente, e sottolineo COSA, è stata lei, la Professoressa Cesari. Uno dei più grandi perchè, senza dubbio.
Appena la vedi, già sai che avrai qualche problema a relazionarti con lei. Si aggira per i corridoi tutta incurvata, quasi stesse nascondendo qualcosa. Ha da poco abbandonato il marsupio che da anni la accompagnava, sostituendolo con una borsa trasparente che sembra quasi di plastica. Quelle della spesa, per intenderci. La testa, le mani, i piedi, sono piccolissimi. I suoi capelli sembrano spaghetti Barilla n°8; di quelli spezzati come per metterli nel brodo, perchè sono corti. E lo sguardo che si nasconde dietro a due fondi di bottiglia marcati Chanel, non fa che intricare questo mistero. Quando parla, qualunque cosa stia dicendo, guarda per terra. Per la verità, a qualche miglioramento ci siamo arrivati: quest'anno pare sia giunta almeno ad altezza ginocchia, nelle conversazioni dirette.
Tolto però il problema dello sguardo, dovuto non si sa se a soggezione nei confronti dell'intera umanità o ad un grave difetto fisico, ne sopraggiunge un altro: i capelli, gli spaghetti. Non riesce a darsi pace, con i capelli. Continuamente se li ravvia; quando parla, quando sta zitta, quando cammina, quando scrive sull'agenda di cui pochi hanno potuto leggere il contenuto. Una volta, qualcuno si è azzardato a chiedere il perchè di tanto accanimento con i capelli. Ciò che ha risposto, ha lasciato tutti senza parole.
- Beh, è vero, io mi fustigo i capelli.. Questo è dato dalla mia ignoranza e dal fatto che vorrei uscire di qua perchè ho fame e non posso.-
Come spiegazione è più che sufficiente.
Il vero problema, però, è essere così presuntuosi da cercare di capire come un essere del genere sia in mezzo a noi. E' uno degli errori per cui Dio andrebbe licenziato, solo su questo non c'è dubbio.
Perchè che altro si può cercare di capire, da una che, laureata in patologia delle piante, insegna geografia economica.

sabato, novembre 18, 2006

Gli 883

Non so a quanti sia capitata la disgrazia di vivere con qualcuno che ascolta gli 883. E' una vera e propria disgrazia. Ma analizziamo bene i fatti.
Finchè li ascolti e non superi i 10 anni, beh, sei ampiamente scusato. Anzi, potremmo definire la questione NORMALE.
Quando li ascolti ed hai 11/12 anni, inizio a guardarti strano. A sospettare di te. A diffidare.
Quando, invece, vai dai 13 in su, cerco di consigliarti un bravo psicanalista. E' come se, un giorno, tornata a casa, io mi trovassi a scoprire mio padre che ascolta e si commuove con le canzoni di Cristina D'Avena. Per me è la stessa cosa.
Deve esserti successo qualcosa di molto brutto, se ascolti gli 883. E devi essere molto maleducato e senza rispetto, se mi sottoponi a questo supplizio non solo acustico, ma anche psicologico. Arrivo a non sapere cosa sperare: che almeno venga cambiata canzone, perchè forse la tortura può essere attenuata, o che non venga cambiata, perchè la tortura può diventare peggiore. Tutto l'ordine che mi sono creata intorno viene disturbato, viene minato, al raggiungimento della prima nota.
E, se tutto fosse limitato a questo, si tratterebbe solo di tortura. Il punto è che viene criticata la mia, di musica. La domanda che spesso mi viene ripetuta da queste specie di presenze aliene con cui convivo è :
- Ma come fai ad ascoltare quella musica lì?!-
Intanto, nell'aria si diffonde la voce di Max Pezzali che inneggia all'amore.

venerdì, novembre 17, 2006

Vittime innocenti -Parte seconda-

Dopo la terribile e grottesca scoperta della bambola apparentemente impiccata (per non parlare di tutto il significato simbolico attribuitole) vedo pupazzi impiccati dappertutto. Potere della suggestione? Mah.
Ad esempio, l'elefantino appeso alla maniglia della porta, con un etichetta gigante che sbandiera una "M" gigante di Mc Donald's, regalatomi dalla Susy, mi guarda con un sorriso a trecentosessanta denti, ma è lì impiccato. Però sorride. Va beh, contento lui.
Sposto lo sguardo. Vedo un pesce di ceramica che assomiglia al buon vecchio Nemo, impiccato sulla parete: Nemo, la persona che ti ha fatto questo doveva essere molto arrabbiata, dato che ti mancano anche una pinna ed un occhio.
Scopro poi una cosa che vorrei vedere impiccata ma che non lo è: l'immagine di Vasco Rossi che allegramente troneggia sopra al letto di mia sorella. Ha rotto le palle, Vasco Rossi. Si può impiccare un poster? Mah.
Perchè questa fissa per l'impiccagione? Saddam, è colpa tua. Che, poi: se ho impiccato il mio elefantino perchè non sapevo dove metterlo, per quale motivo tu la dovresti scampare? Sai poi come ci rimane male lui? E, con lui, la bambola vittoriana. E Nemo in ceramica.

mercoledì, novembre 15, 2006

Vittime innocenti - Parte prima -

Oggi, per la prima volta, ho fatto caso ad una cosa abbastanza strana.
Se guardo dal mio letto la bambola vittoriana che sta sull'armadio da ormai dieci anni, sembra impiccata. Allora ho pensato che è come se avessi mia nonna impiccata in camera, dato che me l'ha regalata lei.
Ragazzi, ho mia nonna impiccata in camera da anni e, ogni giorno, ci passo davanti trenta volte (quando ci passo poco) come se fosse una bambola vittoriana. Sarà perchè, al primo impatto, non diresti che è una nonna. Invece io ormai ho capito. Quella bambola che sembra impiccata con una composizione di conchiglie provenienti dalla laguna veneta, altro non rappresenta che il mio disinteresse per la nonna. Senza togliere il bene che le voglio. Le voglio molto bene. Ma l'ho tenuta impiccata impiccata per lungo tempo in camera, e, pace all'anima sua, solo lei sa cos'ha visto.

martedì, novembre 14, 2006

Il corso di danza popolare

Ebbene sì. Stamattina, il pallido sole che dietro al velo di nuvole cerca di illuminare Bologna, è appena visibile dalla finestra. Fa un po' freddo, comunque. Non molto, ma un po'.
Mentre io vago con la mente nell'immenso universo della mia insanità mentale, dalla finestra entra un raggio di sole; dalla porta entra invece la bidella (per dirla volgarmente senza usare i vari "operatore di qua e di là") con un comunicato. Uno dei tanti, penso subito.
- E' importante.- dice il vecchio Gianni, professore di economia aziendale.
- Devo leggerlo?- gli chiedo.
- Sì dai leggi, che è urgente-.
Mi alzo un po' incerta, e vado verso la cattedra per leggere il misterioso comunicato. Il fatto è che, mentre mi avvicino alla cattedra, non so che quel comunicato mi cambierà la vita. Non lo sospetto neanche. E così, inizio a leggere. Lo faccio lentamente, scandendo bene le parole e riflettendo sul loro significato. Quando finisco, qualcosa è cambiato chiaramente, e non solo per me. Si sente nell'aria. Tutti lo capiscono, e nasce tra noi compagni di classe una mutua alleanza. Decidiamo di dire tutti sì, senza bisogno di parole, senza dirlo espressamente. Basta uno sguardo, a volte: si dice che possa valere più di mille parole.

Dunque, noi abbiamo deciso di dire sì: a gennaio partecipiamo al corso di danza popolare.

lunedì, novembre 13, 2006

Autunno

Pieno autunno. Già. Ma il colpo, per me, è stato sentire l'odore delle castagne.
Come quando, a dicembre, tiri fuori l'albero di natale e pensi che, cavolo, è già natale e di nuovo devi tirare fuori il bell'abete odorante di resina per addobbarlo ( questo ormai simbolicamente in quanto, da qualche anno a questa parte, il tradizionale albero, a cui ero tanto affezionata, è stato sostituito da quello orribile a fibre ottiche). C'è il presepe, c'è la musichetta che si diffonde in tutto il palazzo, proveniente proprio dai vicini di pianerottolo, quelli simpatici che però a fine feste ti fanno venire la sconsiderata voglia di distruggere tutto ciò che ricordi il natale, a forza di sentire "Tu scendi dalle stelle". C'è il freddo che diventa sempre più irritante e pungente, c'è la neve, a volte, e c'è la nebbia che minaccia più che in qualsiasi altro periodo dell'anno. C'è il buio alle cinque di pomeriggio.
Ecco, queste castagne mi hanno dato la stessa sensazione, una settimana fa, per quanto riguarda l'autunno. In più ci si sono messe le foglie multicolore che, una volta entrati in un parco, ti danno la sensazione sconvolgente di non vedere altro che foglie e solo foglie.
Ah, le foglie autunnali! Quanto mi piacciono/non mi piacciono. Non so come spiegarlo. E', diciamo, come la scena finale di un film: l'immagine si dissolve e ti comunica chiaramente che, sì, tutto volge al termine.

sabato, novembre 11, 2006

Pensieri del 23 settembre 2006

Oggi mi è arrivato un messaggio da un numero che non conoscevo e, con stupore, ho letto che si trattava di A****, una che era in squadra con me e che ho rivisto sabato sera.
Domanda n°1: da chi ha preso il numero? Anche senza risposta, possiamo passare oltre. Questo dato è irrilevante.
Domanda n°2: cosa gliene frega di sapere come sto? Cioè, grazie eh, ma in fondo sono quattro anni che non ci vediamo nè sentiamo; e neanche siamo state mai grande amiche.
Domanda n°3: ma siamo sicuri che non mi abbia scambiata per un'altra? Potrei rispondere affermativamente a questa terza domanda se non fosse che nei cinque minuti in cui abbiamo parlato ho avuto tempo di dirle: -Ah, tu sei A***, l' A***, sì, l' A****! Mi ricordo di te!- confermando anche con alcuni episodi divertenti di quando eravamo insieme in squadra.
Dato che questa cosa del messaggio mi sembrava strana e nessuno dei miei interrogativi trovava risposta, ho iniziato ad immaginarmi un complotto. Nel senso. Ho immaginato di avere un'identità segreta,che lei aveva scoperto parlando con qualcuno del fatto che mi aveva rivista e notando incongruenze sulle descrizioni del mio aspetto fisico e del mio passato.
Bene, mi sono detta, ora mi vuole smascherare!
Riuscirò però a mantenere segreta quest'identità, dato che ho risposto con un non compromettente: - Ciao, tutto bene, e te?-. Vediamo, in base a ciò che risponderà se,in realtà,è un' agente della CIA, un alieno, o una lesbica.

Ohibò! Nessuna delle tre opzioni era giusta! Per quanto quella riguardante i suoi possibili gusti sessuali potesse essere più colorita, la verità è ben peggiore: altro non le interessava che avere il numero di ex compagne di squadra.
Mi sono sentita poco considerata, eh! Ma, in fondo, la mia identità segreta è al sicuro, ancora una volta.

Cachi


E' lui. Nel suo splendore autunnale, nel suo spento ma ideale colore.. E' il caco. Forse il frutto che più di ogni altro rappresenta la sua stagione. Più dell' arancia in inverno, più dell' anguria in estate. Il caco non solo col suo colore rende a pieno l'idea dell'autunno, ma.. come dire.. lo rappresenta totalmente.
Il caco è un po' il brutto anatroccolo autunnale: è brutto fuori, ma bello dentro. Ammesso che il brutto anatroccolo fosse bello dentro. Anche questa è tutta da vedere. Perchè se avesse ragione chi dice che il corpo è lo specchio dell'anima, allora la storia non avrebbe senso e dovrei cambiare i termini di paragone. Comunque.
Andiamo adesso dentro il caco. Nella viscida polpa. Viscida, zuccherata, arancione più che mai. Inutile dire che l'adoro. E' tanto viscida quando squisita. E se non fosse viscida, probabilmente non sarebbe neanche così buona.
Gli altri frutti di stagione, al caco gli fanno una pippa. Nessuno lo batterà mai. Perchè è il più forte. Nessuno può competere con lui. Nessuno deve osare provarci. Qualsiasi nemico è perdente in partenza, non c'è niente da fare.
Morale: non odiate il caco solo perchè esteriormente è brutto e ha la polpa viscida.
Non chiedetevi dubbiosi come mangiarlo senza sporcarvi. Affidatevi all'istinto e gustatelo.
Dopotutto, c'è anche gente a cui piace la trippa. E ho detto tutto.

venerdì, novembre 10, 2006

Piccoli blog crescono

C'era una volta un blog che, poco serio, voleva diventare grande.
Le cause di questo desiderio erano inspiegabili: nessuno avrebbe detto che una creatura del genere, così poco seria, avesse potuto avere delle ambizioni.
Eppure, alla pari di chiunque altro, fu in grado di dimostrarlo. E se vogliamo abbandonare il passato remoto in nome del presente, ora non gli rimane che dimostrarsi in grado di sopportare il peso della sua nuova maturità.
Ed è attraverso questa semplice storiella, che voglio lanciare un appello a questo blog: OVUNQUE TU SIA, ASCOLTAMI, NON DELUDERMI. NON FARE COME IL TERZO PORCELLINO DEL MIO ULTIMO INTERVENTO NEL VECCHIO BLOG, QUELLO CHE NON SA CHE FARSENE DEI MATTONI E DELLA CALCE.
Vero che sarai in grado di usare la cazzuola? Vero che non sarai così imbecille da illuderti che con della semplice paglia puoi costruire la tua casa?
Confido in te. Perchè? Perchè mi stai simpatico.